101° SSWG "Airborne" lasertag reenacting team

Database per eventi FTH

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Maj. Ramcke
view post Posted on 9/3/2009, 11:53




La sequenza dei fatti che seguono sono di assoluta fantasia, sono stati stilati per offrire uno spunto fantapolitico da cui trarre back ground per game in FTH Sys.
Gli eventi futuri programmati dalla 101st SSWG saranno tratti da queste pagine.

Cronologia 2010- 2012




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- Bruxelles 5 aprile 2010

Stati Uniti d'Europa (U.S.E. )
L' Unione Europea, visti gli sviluppi mondiali dell'economia e la crisi economica globale , decide di unificare sotto la bandiera stellata, le economie, i governi e gli eserciti di tutti gli stati europei
Rifiutano di aderire Svezia Svizzera e Turchia.
Si creano idealmente in questo giorno, a Bruxelles, gli Stati Uniti d'Europa ( EUS).

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- Berna 16 aprile 2010
In un summit dei governi aderenti all’Unione viene approvata all’unanimità la Costituzione Unica Europea. Ogni forma di governo centrale nazionale confluirà verso il parlamento europeo, il quale sarà l'unico ad avere potere sovrano sui paesi aderenti.



- 21 aprile 2010
194 europarlamentari vengono eletti democraticamente da ogni stato aderente, in lista unica. Lavoreranno in camera unica sotto la guida del presidente degli Stati Uniti d’Europa.

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- Bruxelles 26 aprile 2010

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Prima giornata di lavori all’europarlamento.
Il primo punto all'ordine del giorno è la nomina e votazione del Presidente.Alla prima tornata Angela Merckel viene eletta primo presidente degli Stati Uniti d’Europa.

- Bruxelles 28 maggio 2010
L’Europarlamento assume pieni poteri su tutti gli stati membri; in concomitanza si sciolgono le camere di tutti i parlamenti europei.
La gestione degli affari locali viene affidata a ai Governatori nazionali sul modello americano.


- Francoforte 7 giugno 2010
Nasce la Borsa unica europea.

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I precedenti indici di borsa vengono sostituiti dal EIK e dal EIT.
Inizia la ripresa economica del vecchio continente: i rialzi generalizzati dei titoli europei trascinano quelli mondiali in una timida euforia che lascia ben sperare nel prossimo futuro.
La moneta europea cede in favore del dollaro americano; le industrie europee avviano una nuova era di produzione industriale facilitate dalla comunione delle risorse energetiche offerte dalle nuove fonti nucleari: Le centrali costruite vengono “nazionalizzate” in un consorzio federale ( EART European Atomic Resources and Tecnology) che abbatte i costi di produzione rendendo piu’ competitivi i prodotti europei, anche nel mercato asiatico.

- 27 giugno 2010
Viene ufficialmente annunciata la nascita del S.E.A.C. , Strategic European Army Command, ovvero il comando generale di coordinamento degli eserciti nazionali.
Il SEAC nasce con il compito di portare a termine la fusione delle forze armate formalmente già designate come EUSAC ( Europen United States Army).
In questo periodo di transizione i reparti degli ex eserciti nazionali lavorano in operazioni congiunte, EUROPEAN FORCE JOINT OPERATION concepite in maggior numero come forze di peace keeping in medio oriente a supporto delle unità americane.
In quest’ ambito comincia ad avversi un distacco dalla politica estera americana, con l’autonomia europea e la presa di coscienza del potere che ne è derivato anche la NATO perde la propria identità. Viene sciolta il 15 giugno con un documento ufficiale dell’Europarlamento.
In una nota nota ufficiale viene inoltre chiesto agli USA di sciogliere l’EUCOM ( reputato ormai inutile) e lo smantellamento generale delle basi Americane sul suolo europeo, affidando al EUSAC la gestione tattico logistica dell’intero arsenale nucleare tattico ( e i relativi costi di mantenimento).

- 6 settembre 2010
Il Congresso Americano sotto la spinta del presidente Obama, cede alle richieste europee, affidando di fatto il controllo dell’arsenale nucleare al SEAC. Viene però ridotto di un terzo il numero delle testate tattiche, rimpatriando gli ordigni a medio e lungo raggio.
Gli accordi stabiliscono inoltre che l’UESAC disponga della nuova tecnologia stealth e del know-how statunitense ( non in fase di progetto o sperimentazione) ma si esclude contestualmente l’armamento con armi balistiche a lungo e medio raggio.

Di fatto l’Europa si vede impossibilitata a colpire obiettivi al di fuori dei propri confini.

La notizia annunciata ai mass media crea gravi disordini in tutta Europa. Gruppi di manifestanti pacifisti organizzano picchetti davanti alle basi ex Nato con richieste di chiusura immediata degli impianti militari americani e il ritiro delle truppe europee dagli scenari mediorientali.


15 settembre
Afghanistan in fiamme

Popolazione in rivolta contro truppe Usa e governo dopo l’uccisione di civili da parte di marines
Alla fine di una giornata di scontri, i bilanci sono ancora confusi, e nessuno riesce a sapere quanti morti, quanti feriti ci sono stati nel giorno della annunciata rivolta. CNN parla di 20 vittime, altri, come la televisione Al-Jazeera, sostengono siano molte di più.

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Di certo, 75 pazienti sono stati portati all'ospedale di Emergency di Kabul, tutti con ferite da arma da fuoco. 44 di loro sono stati ricoverati, 27 sono stati trattati in pronto soccorso. Tra i feriti una bambina di 12 anni e una donna di circa 35 anni, incinta. Un paziente è morto all'arrivo, due sono deceduti nel reparto di terapia intensiva altri due sono morti dopo l'intervento dei chirurghi di Emergency per la gravità delle lesioni subite durante gli scontri. E se i morti censiti da Emergency sono 5, c'è da pensare che in città siano molti di più

Settantacinque feriti nell'ospedale di Emergency. A raccontare la giornata di Emergency a PeaceReporter è Andrea Ghidini, logista della Ong italiana nella capitale afgana. "Dei 75 ricoverati, tutti con ferite da arma da fuoco, molti sono gravissimi. Quattro sono giunti qui in fin di vita, e sono morti appena arrivati qui in ospedale".
"E' successo tutto abbastanza all'improvviso. Pare siano stati uomini dell'Isaf a cominciare tutto. 'Americani dell'Isaf', dicono qui. Hanno sparato sulla folla che protestava per un incidente di macchina. Incidenti stradali che coinvolgono mezzi militari stranieri ne capitano spessissimo, perché i militari guidano in modo assolutamente criminale".
"Poco dopo- riferisce un medico - sono cominciate manifestazioni in tutta la città. E sono cominciati ad arrivare feriti nel nostro ospedale. La folla dei manifestanti attaccava qualsiasi macchina con a bordo internazionali. Anche intorno al nostro ospedale hanno sparato a lungo, almeno per tre ore. Nessuno di Emergency è stato coinvolto, né nelle sparatorie, né negli attacchi alle macchine".
In città i manifestanti hanno attaccato i check point della polizia afgana. "Parecchi posti di blocco - racconta il dottore - sono stati assaltati e dati alle fiamme. E i manifestanti hanno portato via le armi della polizia. Poi, a un certo punto del pomeriggio, verso le due, anche l'esercito afgano si è messo a sparare sulla gente che manifestava disarmata".

Cronaca di una rivolta annunciata. Gli elicotteri militari Usa sorvolano Kabul e periferia in rivolta, facendo lo slalom tra le colonne di fumo nero che si alzano dal centro della città, dove risuonano raffiche di mitra e urla di morte contro l’America e contro Karzai. I blindati delle truppe Nato ora con i nuovi colori del EUSE, sfrecciano per le strade deserte tra le carcasse di auto bruciate dai manifestanti che, nonostante il dispiegamento in forze dell’esercito afgano, dalla periferia sono confluiti verso il centro, hanno fatto irruzione nel parlamento e dato alle fiamme la sede della televisione di Stato spingendosi fino al palazzo presidenziale e all’ambasciata Usa, evacuata e difesa dai marines che sembra abbiano aperto il fuoco con le mitragliatrici. Ci sono morti, sembra almeno una trentina, e decine di feriti. La calma sembra tornata solo dopo ore di scontri.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tutto è cominciato lunedì mattina in un poverissimo quartiere della periferia di Kabul, Khir Khana, quando un enorme autotreno militare Usa scortato da tre Humvee dei marines americani si è schiantato contro un’auto civile ferendone, forse uccidendone, i passeggeri. Un incidente dovuto all’alta velocità a cui i convogli Usa viaggiano abitualmente, anche nelle aree civili e trafficate, per timore di agguati. O forse, come ha poi dichiarato il comando Usa, causato da un guasto ai freni del camion. Fatto sta che la gente del quartiere, evidentemente esasperata da simili incidenti, si è rivoltata contro i militari Usa e ha iniziato a lanciar sassi contro le loro camionette, urlando “Morte all’America!” e “Morte a Karzai”. I marines non hanno esitato a sparare, uccidendo e ferendo un imprecisato numero di civili, addirittura 30 secondo al Jazeera.

Kabul a ferro e fuoco. A quel punto,centinaia e poi migliaia di persone inferocite sono scese per le polverose strade sterrate della periferia di Kabul scandendo slogan anti-americani e anti-Karzai, bruciando le auto della polizia e lanciando sassi contro gli agenti subito intervenuti. Che hanno risposto aprendo il fuoco sui manifestanti, che nonostante questo si sono diretti verso il centro, lasciandosi dietro una scia di auto in fiamme. Hanno circondato il parlamento per poi farvi irruzione. Hanno appiccato il fuoco alla sede di Aryana Tv, la televisione di Stato. Hanno circondato l’ambasciata Usa, che nel frattempo era già stata evacuata. Hanno assaltato e bruciato alcuni commissariati di polizia mettendo in fuga gli agenti. Hanno cercato di dirigersi verso il palazzo presidenziale di Karzai. Hanno preso a sassate gli hotel di lusso frequentati dagli occidentali.
I giornalisti stranieri presenti in città riferiscono di raffiche di mitra provenienti da diverse zone del centro, sparate sia dai soldati Usa che dalla polizia e dall’esercito afgano.

Bombardamenti Usa ininterroti al sud: 50 morti. Mentre Kabul brucia, dal sud del paese continuano a giungere notizie di guerra. Questa mattina l’aviazione Usa ha bombardato una moschea nella provincia di Helmand, distretto di Kajaki, uccidendo “una cinquantina di talebani” che vi stavano tenendo una “riunione”. L’ultimo raid aereo che doveva aver ucciso decine di “talebani”, una settimana fa, in realtà ha provocato la morte di almeno una trentina di civili, comprese donne e bambini.
Le ultime settimane sono state per l’Afghanistan le più sanguinose degli ultimi cinque anni, con centinaia di morti, battaglie campali, bombardamenti aerei, stragi di civili e attentati suicidi, in un clima di crescente insofferenza popolare verso le truppe d’occupazione straniere. L’Afghanistan è una bomba innescata, pronta a esplodere alla minima scintilla. La rivolta di oggi a Kabul lo dimostra al di là di ogni dubbio.

Il commento di Gino Strada. “Nonostante i giochi di parole – ha commentato il chirurgo di Emergency, Gino Strada – l’Afghanistan è una paese occupato da forze militari straniere. E che io sappia, non esiste popolo al mondo a cui piaccia vivere sotto occupazione straniera. Gli afgani non fanno differenza”.

I reporter CNN continuano a inviare notizie poco rassicuranti, gli scontri continuano e il rumore delle armi da fuoco non è cessato: informatori locali riferiscono di movimenti di taleban diretti alla periferia di kabul dal Pakistan.

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Si teme un inasprimento dei combattimenti.
Per tutta la notte i traccianti di armi automatiche hanno solcato i cieli della capitale diretti contro gli elicottteri USA.

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Il comando americano ha comunicato un nuovo invio di contingenti nella capitale per far fronte agli episodi di violenza: colonne dei profughi cominciano ad intasare le vie della periferia e questo non è mai stato un buon segno per le forze della coalizione.

20 settembre 2010
situazione critica

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Le truppe americane, perso il supporto dell'Isaf ormai sotto il controllo EUSE e reticente agli accordi NATO. si trova ora in gravi difficoltà: questa mattina un convoglio USA è stato colpito duramente in un imboscata da numerosi guerriglieri armati di RPG e JED: l'esito davvero negativo per l'esercito americano, tutti i veicoli distrutti, 43 soldati uccisi e una ventina i feriti circa: non si erano mai verificati attentati del genere in pieno giorno.
Senza l'intervento degli elicoteri non ci sarebbero state speranze per i militari accerchiati da quasi un migliaio di persone inferocite.
Gli truppe Usa ne escono con il morale a pezzi e un bilancio di caduti che si allunga ogni girno di più.
Da Kabul giungono indiscrezioni circa l'arrivo di altri soldati e di diversi marines diretti nelle zone conquistate dai ribelli.
Intanto non cenna a diminuire il rumore di armi automatiche dalle zone interdette ai giornalisti: quel che è certo che gli elicotteri non smettono di sorvolare i cieli della città a ritmi serrati.
Intanto negli ospedali il numero di feriti diventa sempre piu' alto.

21 settembre 2010
STALLO


Khir Khana, quertiere periferico di kabul, da qui è cominciata la rivolta popolare, e probabilmente qui si scriverà la pagina piu' drammatica della storia dell'invasione occidentale moderna.
Se inizialmente un incidente automobilistico poteva aver innescato le proteste popolari, la reazione spropositata americana ha chiamato a raccolta le forzr ribelli anti-coalizione in maniera massiccia in questo quartiere, e in tutta Kabul.
Prova di questo sono una serie di attacchi sincronizzati e coordinati compiuti da kamikaze a Kabul e rivendicati dai taleban, colpendo uffici governativi e ministeri in diversi punti della capitale afghana e anche in pieno centro, a due passi dall’ufficio presidenziale, provocando diversi morti, almeno dieci secondo alcune fonti. Gli attacchi sono subito stati rivendicati dagli ex studenti coranici, che ne hanno preannunciato molti altri alla vigilia dell’arrivo in Afghanistan di Richard Holbrooke, neo-inviato speciale di Obama per la regione.
Secondo una prima ricostruzione, solo parzialmente confermata all’Ansa da fonti di polizia, uno o due kamikaze hanno attaccato il palazzo del ministero della giustizia, nel centro della citta’, vicino al ministero delle finanze e all’ingresso meridionale del palazzo presidenziale, provocando un numero di vittime non ancora accertato.
Un secondo attacco ha preso di mira uffici dell’amministrazione penitenziaria nel quartiere periferico di Khair Khana, con due kamikaze a piedi che sono riusciti a penetrare nell’edificio sparando e facendo poi saltare i corpetti esplosivi che indossavano. In questo attacco vi sarebbero diverse vittime.

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Un altro kamikaze sarebbe stato circondato da forze di polizia vicino al ministero dell’istruzione, in centro, e sarebbe stato abbattuto senza essere riuscito a far esplodere il suo giubbetto. Un altro terrorista ancora, forse il settimo, avrebbe inoltre attaccato un convoglio di agenti di polizia nella zona settentrionale di Kabul, che potrebbe pero’ trattarsi, secondo fonti giornalistiche locali di un convoglio militare straniero. Quest’ultima circostanza non è stata ancora chiarita, dato il massimo riserbo delle fonti ufficiali e la gran confusione che regna in questo momento nella capitale afghana.
La tv privata locale Tolo, citando un portavoce dei taleban, ha riferito che sette attentatori suicidi hanno compiuto attacchi in diversi edifici governativi e due sono riusciti a entrare nel carcere centrale di Kabul, ma questa circostanza non ha trovato nessuna conferma ufficiale. Un’altra tv locale ha fatto riferimento a 10 vittime delle esplosioni, ma anche in questo caso non vi sono conferme.

La polizia afghana ha chiesto l'intervento americano senza interpellare il comando Isaf, dal quale gli stati uniti d'America hanno svincolato la loro truppe ritendonsi autorizzati a continuare la propria missione in piena autonomia dopo lo scioglimento della NATO. Questa frattura in seno alla coalizione sembra aiutare solo i taleban che si avvicinano alla ripresa del potere in Afghanistan in maniera pericolosa quanto inaspettata agli occhi degli occidentali.

22 settembre 2010
L'inizio della fine

Un nuovo attacco multiplo di terroristi suicidi ha sconvolto Kabul dimostrando quanto pericolosamente i talebani possono colpire nella capitale afghana. Lo stile era quello di Mumbai, e i kamikaze sono riusciti a tenere in scacco le forze di sicurezza, che in poche ore sono state spazzate via. Non a caso l’attacco è scattato alla vigilia dell’arrivo a Kabul dell’inviato della Casa Bianca, Richard Holbrooke, inviato speciale per risaldare i rapporti all'interno dell'Isaf.
Ieri mattina dopo le 10, ora locale, è iniziata la mattanza. Il primo attacco ad un convoglio EUSA, è in realtà fallito. Un terrorista suicida ha cercato di inserirsi con la propria auto carica di esplosivo tra i veicoli del convoglio, ma è stato eliminato. Pochi minuti dopo veniva preso d’assalto una postazione tedesca dell'Eusa a raffiche di kalashnikov e lanci di bombe a mano. Almeno quattro terroristi sono riusciti ad entrare nel perimetro difensivo ammazzando subito una decina di soldati. I corpi speciali presenti hanno trasformato la zona in un campo di battaglia.
Nel frattempo nel quartiere di Khair Khana un altro commando attaccava un presidio italiano. Due terroristi suicidi sono riusciti ad entrare nel bunker principale e almeno uno è saltato in aria uccidendo sette soldati.Le sparatorie si sono protratte fino a sera ma non è stato facile snidare gli assalitori. Alla fine almeno otto terroristi sono morti negli attacchi multipli, anche se si sospetta che fossero il doppio.
Zabiullah Mujaheed, a nome dei talebani, ha rivendicato l’attacco spiegando che si tratta di una reazione ai maltrattamenti dei prigionieri nelle carceri afghane. L’Italia è il Paese guida nel campo della giustizia e nella riabilitazione degli istituti carcerari. L’attacco stile Mumbai ha dimostrato che la capitale afghana non è al sicuro. Le province attorno a Kabul, come Logwar e Wardack, sono infestate dai talebani o dai loro alleati dell’Hezb i Islami, il partito armato del signore della guerra afghano Gulbuddin Hekmatyar. Ieri in un’imboscata, a sud est di Kabul, è stato ucciso un ufficiale francese della missione Isaf EUSA.

Tremila uomini di rinforzo arrivati dagli Usa, lo scorso mese, sono stati in gran parte destinati alle operazioni attorno alla capitale, ma manca la cooperazione con gli EUSA e l'operazione di rinforzo rischia di trasformarsi in tragedia per tutte le parti in gioco.
Il nuovo presidente americano, Barack Obama, è deciso a chiudere la partita afghana inviando nei prossimi 18 mesi altri 30mila uomini. Il problema per Obama è trovare una nuova ed efficace strategia, che trasformi l’arrivo dei rinforzi in una svolta, come avvenne con il “surge” di Bush in Irak. Uno dei dilemmi è l’appoggio al presidente afghano Karzai, al minimo storico di popolarità. Le elezioni presidenziali sono state rinviate ad agosto ed i talebani faranno di tutto per farle saltare.Nei prossimi giorni la missione del EUSA passerà all’offensiva in diverse aree del Paese, compresa la provincia di Farah, dove arriveranno i paracadutisti della Folgore. Secondo Hoolbroke sarà «una sfida più dura di quella irachena».

24 SETTEMBRE 2010
Escalation fratricida

Questa mattina gravissimo incidente tra truppe USA e EUSA: un banale diverbio tra 2 soldati, un americano e un italiano, ad un check point statunitense si è trasformato in tragedia.
L'taliano, al comando di una piccolo convoglio diretto alla periferia di Kabul, ha colpito al volto il militare americano di guardia al check point: sembra che l'inizio della lite sia dovuto ai permessi ritenuti non regolari dagli americani.
Ne è nata una scazzotata terminata con l'esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco da una mitragliatrice americana che hanno investito la colonna italiana uccidendo 2 soldati con gli stemmi Isaf.
Il convoglio italiano si è svincolato arretrando e tornando velocemente sui propri passi.
La gravità dell'episodio si riflette sui rapporti già eveidentemente tesi ai vertici dei comandi europei ed americani.
Richard Holbrooke, inviato speciale dalla Casa Bianca, ha richiesto immediatamente una riunione speciale tra i comandanti Isaf, che però non si sono presentati ai colloqui, lasciando nel gelo i diplomatici americani ed europei.
I segni di sbando tra i militari della coalizione si intravedono in realtà da giorni, con operazioni inconcludenti nella caccia ai ribelli dalla capitale afghana.

Negli ultimi mesi i vertici militari statunitensi hanno risposto agli attacchi talebani con un intenso aumento dell’attività aerea; è stata rafforzata la presenza americana nell’Oceano Indiano con il rischieramento della flotta guidata dalla portaerei USS Abraham Lincoln. Per quanto riguarda le operazioni di terra, il Pentagono ha lavorato per raggiungere un maggiore coordinamento con l’intelligence pakistano, obiettivo tragicamente fallito se si pensa all’incursione militare su Jalal Khel, villaggio del Waziristan meridionale bombardato da elicotteri da guerra che hanno causato la morte almeno 15 persone, soprattutto donne e bambini. Senza ottenere risultati positivi Washington si è anche impegnata sul piano diplomatico, cercando di appianare le profonde divergenze che dividono l’Afghanistan dal vicino Pakistan.

Nel 2010 l’attività di guerriglia è cresciuta in modo vertiginoso, soprattutto lungo il confine con il Pakistan; per i talebani le aree tribali ad Amministrazione Federale (Khyber, Kurram, Bajaur, Mohmand, Orakzai, Nord e Sud Waziristan) sono diventate una vera e propria roccaforte, rifugio e base logistica da dove lanciano azioni dimostrative come l’attacco kamikaze compiuto il 21 agosto scorso contro una fabbrica di armi e munizioni di Wah, città strategica che sorge nella provincia di Punjab, attacco nel quale hanno perso la vita 64 civili. Un territorio difficile quello a cavallo tra Pakistan ed Afghanistan, dove i talebani addestrano i volontari destinati alla jihad afgana, ragazzi reclutati nelle madrasse di Karachi, Peshawar, Lahore e Quetta, santuario dei capi del movimento religioso puritano; dove le azioni di contenimento condotte dall’esercito pakistano non producono praticamente alcun effetto e dove le truppe della coalizione sono sempre più invise alla popolazione.

In un articolo pubblicato il 25 Agosto scorso dall’Associated Press, Jason Straziuso parla delle perdite americane in Afghanistan: dall’inizio del conflitto, ottobre 2001, l’esercito USA hanno perso 1580 militari; 105 nei primi otto mesi del 2010; 65 nel bimestre maggio-giugno, il peggiore bilancio registrato dal giorno dell’invasione. La fiducia della popolazione afgana nei confronti della coalizione sta diminuendo costantemente.

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Nell’Afghanistan meridionale e sud orientale la strategia talebana sta sviluppando una sorta di consenso e la presenza dei gruppi legati ad al-Qaida sta diventando ogni giorno più influente. I guerriglieri iniziano a controllore gran parte della frontiera con il Pakistan e la rete stradale che da Karachi porta verso Kabul ed Islamabad, di vitale importanza ora che la crisi caucasica sta mettendo in discussione l’accordo con la Russia per il transito dei rifornimenti per Isaf, sta entrando sotto l’influenza talebana. A questo punto, per il Pentagono le prospettive non sono rosee. La presenza delle truppe Usa era determinante per il successo dell’International Security Assistance Force (Isaf) e, a meno che non si decida di lasciare che il paese in mano ai talebani, travolto da una sanguinosa guerra civile, dal punto di vista della coalizione occidentale il ritiro rimane un’opzione dolorosa ma inevitabile; Barack Obama non puo' fare altro che promuovere l’aumento della presenza militare in Afghanistan, soprattutto ora che il parziale ritiro dall’Iraq è in pieno svolgimento.

Restare a Kabul aumentando il contingente non può però che avere della conseguenze, ripercussioni che Washington e i suoi alleati dovranno prima o poi affrontare. Un numero maggiore di militari implicherebbe una proporzionale crescita di errori e quindi un incremento del numero di vittime collaterali; l’aumento delle forze in campo verrebbe percepito in modo negativo dalla popolazione che di conseguenza darebbe maggiore sostegno alla guerriglia. La persistente presenza occidentale verrebbe paragonata all’invasione sovietica del 1979 e questo non farebbe altro che dar vita a nuove forme di resistenza. Il vertiginoso aumento dello scontro potrebbe mettere infine a rischio gli equilibri politici del vicino Pakistan, dove la jihad potrebbe approfittare dell’incertezza causata dal dopo Musharraf e della cronica instabilità delle regioni nord-occidentali per trascinare il paese verso la guerra civile. In conclusione, comunque la si voglia prendere, il conflitto afgano è destinato a durare ancora a lungo, molto più e molti morti in più di quanto avesse previsto il presidente Bush quando diede inizio all’Operazione Enduring Freedom.
Con la crisi in atto all'interno dell'Isaf, l'intera missione mediorientale sembra destinata a fallire miseramente.






-27 settembre 2010
Crisi del gas in Europa dell'Est

La crisi del gas ha rischiato di lasciare al freddo gran parte dei paesi europei. Mentre i ministri dell'Energia dell'Unione europea, riuniti l'11 novembre 2010 in consiglio straordinario, invitano le due parti in causa a riprendere immediatamente le forniture, gli eurodeputati rilanciano il dibattito sulla necessità di dotare l'Europa di una politica estera comune in materia di energia.
La crisi del gas è esplosa in seguito alle controversie commerciali tra la Russia e l'Ucraina. Il 2 ottobre 2008, i primi ministri dei due governi hanno firmato un protocollo d'intesa sulla base del quale i due Paesi si sono impegnati a passare gradualmente ad un sistema di prezzi di mercato e di garantire il transito del gas, a destinazione Unione Europea, via territorio ucraino.
Il 7 gennaio 2009, la Russia ha interrotto i rifornimenti di gas a destinazione dell'Europa che passano attraverso l'Ucraina. Il Primo Ministro russo, Vladimir Putin, ha accusato Kiev di violare gli obblighi di transito trattenendo illegalmente le forniture di passaggio destinate ai clienti europei. Dopo una serie di negoziati e trattative trilaterali - Unione europea, Russia e Ucraina- si è arrivati alla conclusione di un accordo. L'Europa dovrebbe finalmente riprendere a riscaldarsi a pieno regime.
La dipendenza energetica dell'Unione europea
Il conflitto russo-ucraino ha messo in evidenza il problema della dipendenza energetica dell'Europa nei confronti di Mosca, la quale assicura circa il 42% delle importazioni europee di gas. Il gas rappresenta un quarto del consumo energetico totale dell'UE. Questa rischiosa dipendenza è accentuata dal fatto che il 90% delle esportazioni di gas russo, in direzione dell'UE, transita attraverso il territorio ucraino.
Come conseguenza della crisi, il dibattito sulla necessità di una politica europea comune nel settore energetico è tornato alla ribalta. Oggi pomeriggio, in emiciclo, gli eurodeputati discuteranno sul nuovo "pacchetto energetico", adottato lo scorso novembre dalla Commissione europea.
Il nuovo pacchetto per la sicurezza e la solidarietà energetica europea è incentrato su quattro elementi chiave: la creazione di meccanismi bilaterali e regionali di solidarietà in caso di blocchi di forniture; la diversificazione delle risorse e delle fonti di approvvigionamento; l'identificazione delle interconnessioni frontaliere mancanti e la trasparenza dei flussi fisici del gas.
Il progetto energetico è stato redatto dall'eurodeputata Anne Laperrouze (ALDE). Il dibattito in Aula potrà essere seguito in diretta oggi pomeriggio alle 16.30 su EP Live.

La settimana prossima, in sessione plenaria, i deputati europei discuteranno sulla delicata questione della crisi del gas che sta opponendo la Russia e l'Ucraina dall'inizio del mese di gennaio.
La Russia accusa l'Ucraina di violare gli obblighi per il transito del gas trattenendo le forniture di passaggio destinate all'Europa, di conseguenza ha deciso di sospendere gli approvvigionamenti transitanti per questo Paese. La disputa ha ripercussioni anche in Europa le cui forniture si sono seriamente ridotte.

I rappresentanti delle compagnie di gas, la russa Gazprom e l'ucraina Naftogaz, sono stati invitati al Parlamento europeo questo giovedì per trovare una soluzione alla crisi energetica attuale. Di fronte alla commissione per gli affari esteri (AFET), Oleh Dubyna, presidente della compagnia Naftogaz, ha negato di aver prelevato il gas destinato al mercato europeo.
Il presidente di Gazprom, Alexei Miller, che non ha potuto partecipare alla riunione, si è invece incontrato per un colloquio col presidente del Parlamento europeo.

Per Jacek Saryusz-Wolski (PPE-DE), presidente della commissione affari esteri "L'Unione europea deve agire rapidamente affinché una soluzione sia trovata il più presto possibile, considerate le condizioni climatiche estreme che stanno colpendo i paesi del centro Europa". La maggior parte dei deputati, tra cui Jacek Saryusz - Wolski, ha posto l'accento sull'importanza, per l'Europa, di dotarsi di una politica europea di sicurezza energetica in grado di permettere la diversificazione delle risorse di approvvigionamento.

In Europa più della metà degli Stati Membri sono stati penalizzati dal blocco delle forniture provenienti dalla Russia. La Bulgaria, che dipende al 90% dal gas russo, ha subito notevoli conseguenze: interruzione del riscaldamento per migliaia di famiglie e chiusura di un numero importante di scuole e imprese. Al di là dei confini europei, il Paesi più toccato è la Turchia.

Per il deputato Adrian Severin (PSE), presidente della delegazione per le relazioni con l'Ucraina, si tratta piuttosto "di una crisi politica con scopi politici" e in questa crisi, l'Europa deve essere implicata non solo come vittima ma anche come interlocutore politico. Individuare la soluzione giusta è ciò a cui l'Europa deve mirare.

La Commissione europea ha trovato un accordo per l'invio di osservatori europei in Ucraina allo scopo di monitorare la situazione.
Tecnici della EART faranno parte della task force di osservatori.
Sin dai primi rapporti emerge la volontà russa di costruire nuovi impianti di pompaggio e aumentare la rete di gasdotti con l'impianto di nuove stazioni di controllo in Polonia Romania e Bulgaria, rendendo l'Ucraina una sorta di centrale di smistamento.
I costi del progetto russo ricadrebbero in parte sui territori interessati, situazione inaccettabile per i governatori di questi paesi.
I russi di Gazprom sostanzialmente garantirebbero prezzi di mercato a patto che gli EUS si accolino i costi di impianto dei nuovi gasdotti e garantiscano il monitoraggio dei flussi.

La crisi del gas sarà al centro dei dibattiti tra gli eurodeputati, la Commissione europea e il Consiglio, il prossimo 14 dicembre a Strasburgo.

I governatori degli stati federali di Polonia, Romania e Bulgaria dopo serrati colloqui d'affari con Gazprom non raggiungono un accordo definitivo a causa deglle esose richieste russe, infatti il costo dell'intero progetto sarebbe ammortizzato in circa quindici anni, periodo nel quale l'EART garantirebbe forniture di energia elettrica a costi decisamente minori.
Il vero problema per gli EUS è il periodo di transizione tra impiego di gas metano e conversione d'uso di energia elettrica, con l’EART incapace al momento di coprire il fabbisogno energetico civile in quando prioritario quello industriale.
Il dominio russo per la distribuzione di gas diviene incerto con l'Europa rivolta al nucleare totale.
Il rischio del black out energetico e con l’inverno alle porte spinge il governo europeo a rendere l’EART un organismo federale autonomo dotato di una forza di sicurezza, con elementi prelevati dai nuclei antiterrorismo.
La minaccia di attentati si prospetta concreta dopo alcuni atti di sabotaggio sui tralicci delle dorsali installati sulle Alpi franco italiane.

-18 settembre 2010
Incubo energetico
Il Cremlino chiude i rubinetti e lascia l'Europa nella morsa del gelo con l’inverno alle porte che si prospetta uno dei piu’ rigidi dell’ultimo ventennio.
L'Ue, pur astenendosi da introdurre sanzioni, ha dato un ultimatum a Mosca che a tutta risposta congela i negoziati per il nuovo accordo di partnership per l'indotto di gas. I leader europei sono stati espliciti: in caso di mancato rispetto degli accordi, l'intero complesso dei rapporti con la Russia sara' rivisto. Sulla stessa lunghezza d'onda, in Francia, Le Figaro, che sottolinea il successo diplomatico del presidente Nicolas Sarkozy nel ricompattare all'unità le variegate posizioni dei deputati europei. E anche il britannico Independent ammette: dopo tutto in una fase in cui gli USA a causa della campagna delle presidenziali sono un po' in secondo piano, l'Europa ha saputo assumersi responsabilità adottando pur tra mille 'distinguo' una posizione unitaria.

La domanda di energia elettrica ad uso civile cresce velocemente e i dirigenti dell’EART chiedono una risoluzione in tempi rapidi all’Europarlamento.

-13 Novembre 2010
Smilitarizzare l'Europa
Per continuare la sua politica non interventista, gli U.S.A. accettano la richiesta europea di rinunciare alle basi presenti nel Vecchio Continente, con la sola eccezione di Rammstein, in Germania, e di Aviano, in Italia.
Obama annuncia la notizia in esclusiva alle emittenti televisive europee, convinto che la sua decisione contribuirà al progetto di pace mondiale da lui accarezzato sin dalla sua investitura.
I vertici militari del Pentagono impongono di contro una riduzione dell’organico dell’ EUSAC a 40mila unità effettive operative di pronto intervento quale forza complessiva di difesa europea.

L’organigramma dell’ EUSAC prevede 200 velivoli da combattimento e 50 unità navali da guerra ( escluso il naviglio di supporto e unità minori con armamento leggero per la sorveglianza costiera).

In una nota informale di un delegato della Germania si legge “ tali condizioni ricordano i limiti imposti al solo esercito tedesco nel secondo dopoguerra, si profila un serio pericolo per l’incolumità del popolo europeo di fronte a qualunque tiranno voglia osteggiare il processo di modernizzazione e pacificazione attuato dall’ Unione”.


-16 Novembre 2010
Secessione europea
Gli Stati Uniti d'Europa, impossibilitati a ricomporre diplomaticamente la crisi del gas, si vedono costretti, sotto le pressioni di Mosca, ad escludere Polonia, Romania e Bulgaria dai paesi membri USE.
Con una seduta straordinaria all’Europarlamento i delegati polacchi rumeni e bulgari vengono informati che la manovra, avente carattere di protezione e di salvaguardia per la sicurezza nazionale, la quale avrà immediata applicazione.
Le votazioni sono unanimi e i delegati dei paesi oggetto del provvedimento esclusi dalle votazioni.

Privi di un governo e di una forza militare di protezione ufficiale, si sfiora la guerra civile: le scene di panico nelle strade mutano in violenza senza possibilità controllo.
Il ricordo dell’invasione dell’Armata Rossa è ancora vivo nelle menti di molti cittadini!


Mentre viene posta l'ultima firma sul documento di estromissione dall’Unione di Polonia Romania e Bulgaria si presenta un nuovo problema politico: la Grecia, che aveva chiesto fondi a Bruxelles per rilanciare il settore industriale, si vede rifiutare ogni richiesta e, lentamente, sprofonda nella crisi più nera, con tassi di disoccupazione altissimi e, a detta dello stesso governatore greco, insostenibili a brevissimo termine.
E' la prima rivolta "ufficiale" della crisi, quella scoppiata nel 2009 in Grecia.
I giornali riportano praticamente un'unica notizia: la polizia continua ad uccidere a sangue freddo gli studenti che da un anno organizzano manifestazioni anti EUS.
Le banche greche che hanno investito senza grandi ritorni ingenti capitali nelle "paludi" balcaniche, hanno da un giorno all'altro stretto i cordoni della borsa, immobilizzando l'economia locale, costringendo il Governatore a insistere sul invio di fondi anti crisi da Bruxelles senza esito.
E un Paese che si credeva ricco e viveva al di sopra dei propri mezzi ha improvvisamente dovuto fare i conti con la realtà.
Gli scandali hanno fatto il resto, tra storie che ogni giorno infiammano la cronaca, corruzione, mazzette, droga.
Senza contare che proprio in queste ore è in discussione in Europarlamento una legge finanziaria che promette solo lacrime e sangue per gli Stati in recessesione.
Infine la ventilata riforma universitaria che prevede un sostanziale dimezzamento dei fondi all'istruzione pubblica per favorire la nascita di atenei privati.

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La stampa locale nasconde spudoratamente le rivolte cominciate durante uno sciopero indetto dalle infermiere per protestare contro i tagli alla sanità pubblica, e che gli studenti di medicina hanno preso in ostaggio il Ministro della Sanità per un'ora per costringerlo ad ascoltarli.
Studenti accompagnati dai professori hanno minacciato uno sciopero selvaggio con il blocco delle linee ferroviarie e autostradali. Persino i pensionati sono scesi a protestare.
Se il governatore pare tentare trattative è proprio per questo: perché per la strada non ci sono solo blac bloc, ma anche famiglie e anziani. Il paese è sull'orlo del baratro con seri rischi di guerra civile.

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-21 Novembre 2010
La pace globale
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Con la crisi europea in atto, a sostegno mercati mondiali e con il sogno di una pace mondiale nel cuore, il Congresso americano vota il ritiro di tutte le truppe U.S.A. impiegate nei teatri mediorientali, Afghanistan e Iraq.

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Annuncio di Obama fra i marines. L'ultimo soldato a casa entro 1 anno.
Il discorso trasmesso in diretta ai militari di stanza a Bagdad.
La ritirata americana dall'Iraq
"novembre 2011, missione finita"


Barack Obama
WASHINGTON - "Il 10 novembre dell'anno prossimo la nostra missione di combattimento in Iraq sarà finita", annuncia Barack Obama circondato dai marines in partenza per l'Afghanistan. La fine della guerra voluta da George Bush, che dura da ormai sette anni, sarà lentissima e l'uscita dei 142mila militari americani avverà in due tappe.

Il generale Ray Odierno, successore di Petraeus a Bagdad, ha ottenuto un ritiro più lungo e ragionato, tanto che il piano di uscita dal conflitto ha ottenuto il sostegno del repubblicano John McCain, ma non ha convinto la speaker del Congresso, Nancy Pelosi, i massimi livelli del Partito democratico e i gruppi liberal e pacifisti.

Obama è apparso molto più moderato nel presentare la sua strategia militare. La decisione di chiudere quella che ha sempre considerato una guerra sbagliata viene confermata, ma il presidente è sembrato preoccupato dai rischi di essere accusato di volersene andare dall'Iraq troppo in fretta. E ha ricordato che l'America ha anche "interessi strategici e responsabilità morali nei confronti degli iracheni", che deve preoccuparsi di lasciare un Paese stabile e pacificato, capace di stare in piedi da solo e di governarsi, e ha anche promesso che nei prossimi mesi la sua Amministrazione garantirà una maggiore assistenza ai rifugiati fuggiti in questi anni dall'Iraq.


Come ha poi spiegato il segretario alla Difesa Robert Gates, un nuovo picco nella presenza militare nel Paese verrà anzi raggiunto alla fine dell'anno, in coincidenza con una nuova serie di scadenze elettorali che hanno spinto ad allungare i tempi. "Lasciare a maggio - ha sottolineato Gates - avrebbe comportato problemi logistici legati alla sicurezza, visto che dopo le elezioni occorre sempre un periodo di stabilizzazione".

Così entro il novembre del prossimo anno torneranno a casa tutti i battaglioni da combattimento, circa 100mila uomini, ma per altri 16 mesi le truppe a stelle e strisce - con un numero di soldati compreso tra 35 e 50mila - resteranno ancora a Bagdad per garantire la sicurezza dei civili, l'addestramento dell'esercito iracheno e le missioni anti terrorismo. I militari rimasti non avranno compiti e missioni di combattimento, ma una quota importante di loro sarà pronta a farlo se necessario. E questo non è proprio piaciuto alla Pelosi e ai leader democratici al Congresso, che avrebbero preferito che in Iraq rimanesse soltanto un piccolo contingente di non più di 15mila uomini.

Obama nello stesso tempo ha rimesso al centro della sua strategia l'impegno contro Al Qaeda in Afghanistan e Pakistan, "fronte centrale della lotta al terrorismo", e ha rilanciato la diplomazia, enfatizzando la necessità di coinvolgere anche la Siria e l'Iran nel processo di pace in Medio Oriente, "per raggiungere una pace duratura tra Israele ed il mondo arabo".

Il lungo discorso sul futuro dell'impegno americano in Iraq è stato fatto in mezzo ad una folla di soldati in mimetica e con la testa rasata a zero, alla base dei Marines di Camp Lejeune in South Carolina, da cui partiranno in 8.000 per Kabul. Le parole di Obama erano anche trasmesse in diretta alle truppe americane in Iraq, che hanno sottolineato con un lungo applauso l'annuncio della fine della loro missione.

Prima di prendere la parola davanti ai militari, Obama aveva informato della sua decisione il suo predecessore alla Casa Bianca, George W. Bush, e il premier iracheno Nuri al Maliki, a cui ha anche comunicato che il nuovo ambasciatore a Bagdad sarà il veterano della diplomazia americana Christopher Hill. Il diplomatico, fino ad oggi, era stato impegnato nelle trattative sul programma nucleare della Corea del Nord.

I marines hanno accolto Obama con un boato e lo hanno interrotto diverse volte nel corso del suo intervento, soprattutto quando il neo presidente ha elogiato il lavoro ed il sacrificio dei soldati americani per difendere la libertà degli iracheni. "Voglio essere molto chiaro - ha sottolineato -: abbiamo mandato le nostre truppe per rimuovere il regime di Saddam Hussein e voi avete portato a termine il vostro lavoro". L'applauso più grande però è arrivato quando ha annunciato l'incremento del budget militare che consentirà di aumentare la paga dei soldati: "Aumenteremo il vostro salario, continuando a fornire assistenza verso i vostri bambini". E con questa ovazione il presidente ha concluso il suo discorso più difficile da quando è stato eletto.


Ma la realtà è che la destabilizzazione dell'ordine mondiale è cominciata.

-15 Dicembre 2010
Pressione psicologica anomala.
La Grecia, con un rapido e deciso colpo di mano, invade i territori macedoni con le truppe provenienti dalla guardia nazionale e milizie irregolari, con l'intento di rivendicare il proprio peso politico e per intimorire il governo europeo.

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Gli U.S.E. chiedono l'immediato rientro delle truppe e il loro disarmo incondizionato, richiesta alla quale la Grecia risponde ritirando i propri delegati dal Parlamento Unico Europeo.
L'intervento militare europeo non riesce a respingere l'armata greca, arroccata sulle montagne macedoni.


Vengono denunciate numerosi azioni di violenza e saccheggio ad opera di mercenari a danni della popolazione civile. Le perdite di vite umane sono pesanti e Bruxelles decide per il ritiro le truppe, mentre proseguono i bombardamenti sulle montagne da parte dei cacciabombardieri dell’EUSAF (European United States Air Force).
Numerosi reparti di caschi blu ONU vengono indirizzati nelle zone interessate dai movimenti di profughi.

-20 dicembre 2010
Due tornado EUSAF con equipaggio misto inglese italiano vengono abbattuti sulle montagne macedoni da guerriglieri greci, gli equipaggi dei velivoli dopo l’eiezione vengono catturati.

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L’azione viene immediatamente rivendicata dal movimento comunista-stalinista greco ex KKE, non trapelano notizie sulle condizioni dei membri degli equipaggi.

-21 dicembre 2010
Azione di forza del EUSAF nel territorio montano teatro dell’abbattimento dei tornado. Con un massiccio impiego di cluster bomb si registrano pesantissime perdite tra i reparti irregolari greci.

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Un agenzia locale macedone denuncia le violenze perpetrate ai danni delle popolazioni macedoni intrappolate nelle numerose azioni di guerriglia nella zona teatro di scontri.
Si risvegliano antichi dissapori tra slavi e greci.
Il generale Joachim Van Der Baar responsabile delle missioni EUSAF in terra macedone riferisce all’Europarlamento di “danni collaterali” tra la popolazione locale come inevitabile conseguenza delle azioni terroristiche attuate dai ribelli.

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-24 dicembre 2010
Quarto giorno di bombardamento sul fronte macedone viene erroneamente colpita una colonna di autocarri della croce rossa internazionale intervenuta a sostegno degli sfollati che da giorni intasano le strade delle città ai piedi dei rilievi macedoni.

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Il bilancio è di 32 morti tra il personale della Croce Rossa e di 93 civili.
La presenza dei caschi blu appare inutile e l’ONU si rivela del tutto inadeguata e priva di mezzi concreti per vigilare e proteggere le zone interdette.
Il generale Van Der Baar rassegna le dimissioni come responsabile tattico. Viene immediatamente nominato il sostituto, il generale Francois Lacalle.
I raid aerei vengono sospesi in favore di movimenti di terra operati dai reparti di elitè del EUSAC.


-23 Dicembre 2010
L'Elmo di Ade
Mentre gli sconvolgimenti politici e militari attraversano il globo, nei laboratori dell' Alenia Spazio, a Torino, su commissione del EUSAC i ricercatori danno il via al progetto di un apparecchiatura rivoluzionaria, che porterà la fanteria ad un salto di qualità sui campi di battaglia mettendo in seria discussione i tradizionali concetti di supremazia aerea.

-11 Marzo/ 25 Aprile 2011
Guerra Greco-Ottomana
In seguito ai numerosi sbarchi incontrollati di profughi greci sulle coste turche e la scarsa collaborazione tra il governo di Ankara e il governatore greco porta ad un raffreddamento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Gruppi di insorti greci portano a termine un attentato dinamitardo al consolato turco di Atene provocando la morte di 7 membri del personale dell’ambasciata. L’attentato, unito ad un ritardo imbarazzante dei soccorsi creerà una frattura nelle relazioni tra i due paesi.

Gli EUSA, dopo le prime reticenze, permettono alla Turchia. Nazione non aderente alla federazione, di attaccare la Grecia con la promessa di ottenere collaborazione con le truppe EUSAC impegnate sul fronte balcanico.

Una selvaggia guerriglia si scatena alle pendici dell'Olimpo e, nella battaglia di Atene, più di 30 mila soldati greci e turchi perdono la vita.
L’UESAC perde un numero considerevole di elementi dei propri reparti d’assalto.
Il 25 aprile, la Grecia si arrende senza condizioni e passa sotto la tutela della forza di pace europea, anche se di fatto è l’esercito turco a controllare tutta la penisola ellenica.
L'Europa è ora vista come una rinata potenza militare, unificata, ma non in grado di rivaleggiare coi giganti americani, russi e cinesi.
Il vero sconfitto della guerra greco-ottomana è l’ONU che perde completamente di credibilità.
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-25 Marzo 2011
Lo zio Sam torna a casa
Mentre la Turchia sta lentamente prendendo possesso risorse greche, la maggior parte delle truppe americane è ora sul suolo patrio, lontana dai pericoli della guerra. Il presidente Obama è salutato come il nuovo liberatore, un moderno messia. Colui che ha portato gli Stati uniti d’America lontano dalle beghe europee, tendendo la mano con aiuti concreti alle popolazioni asiatiche ed africane, promuovendo l’energia pulita e il rispetto ambientale, con un fattivo miglioramento delle condizioni sociali del ceto povero statunitense. I gruppi cristiani fondamentalisti non vedono di buon occhio l’evoluzione della politica interna, ma a poco servono i boicottaggi dei membri del senato ai programmi di Obama.

-28 Marzo 2011
Primavera rossa
Polonia, Romania e Bulgaria, ormai stremate dal gelo e dalla fame, sono facile preda del gigante russo: l’invasione avviene contemporaneamente in tutti e tre i paesi con un dispiegamento di forze impressionante. Il colpo di mano di Mosca crea uno spiraglio per la risoluzione della crisi del gas. In quanto l’Unione europea non mostra intenzioni di intervento militare.
Si aprono le trattative, che proseguiranno per tutta l' estate tra la Russia e gli S.U.E. nella cittadina italiana di Novara.
I cittadini dell’Unione non vogliono un altro inverno come quello del 2010, ma a farne le spese sono gli stati dell’europa dell’est, cancellati dallo scacchiere mondiale senza che venga sparato un colpo in loro difesa!


-12 Aprile 2011
L' Elmo di Ade entra in produzione
Le prime sperimentazioni dell' Elmo di Ade portano a risultati insperati: la totale invisibilità ai sistemi radar e incredibilmente alla sorveglianza satellitare porta ad un conseguente balzo avanti della tecnologia bellica. Un primo stock di 12 pezzi è messo in produzione per l’EUSAC.

-11 Settembre 2011
President's death

Il Presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, visita Bruxelles, per mediare su una soluzione pacifica per l'invasione russa di marzo e la garanzia sulla popolazione civile. I colloqui di pace sono tesi, difficili e Obama e si concludono con un rinvio a ottobre: sale sul Air One per New York, dove è atteso per le commemorazioni dell'11 Settembre, col volto triste per la primo vero insuccesso diplomatico.


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E' la sua ultima immagine pubblica.

Il colpo di stato militare, organizzato dai generali dell'esercito americano, viene messo in atto. L'aereo sul quale viaggia Obama viene abbattuto sui cieli della Spagna dagli F-16 di scorta.
A Washington come in tutta l’america è il caos e la giunta militare prende il potere, dichiarando lo stato di minaccia nazionale.
La stessa giunta militare dopo aver messo agli arresti tutti i membri del senato, sporge formale atto di accusa verso l'Europa.
Mentre si procede ancora al recupero dei resti dell’Air One, sono disseminati su un area di 4 kilometri quadrati, la notizia della dichiarazione di guerra americana giunge inaspettata sui teleschermi europei accolta tra incredulità e disperazione.

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12 settembre 2011
Il fallimento
Gli Stati Uniti d’America dichiarano guerra al Europa, con una concitata dichiarazione del portavoce del Pentagono di fronte alle emittenti televisive nazionali.
I vertici dei governi non si esprimono in merito lasciando l’Europa al proprio destino.
Sul mondo si affaccia lo spettro della Guerra Mondiale.

-22 Settembre/ 10 Ottobre 2011
La Battaglia d'Inghilterra
Le forze americane sbarcano in Galles, dando il via all'invasione dell'Inghilterra. Manchester, Birmingham e la stessa Londra sono una preda facile per i soldati americani. I carri Abrams avanzano indisturbati tra le campagne inglesi, ogni focolaio di resistenza è immediatamente delimitato, la fanteria lascia il lavoro sporco ai carri fintanto che l'USAF non polverizza il nemico.



La popolazione è barricata in casa sotto shock, la rapidità dell'esercito americano è sorprendente, tanto ch i mezzi corazzati sono costretti a sfruttare la rete di distrubuzione carburante civile.

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Contrariamente agli ordini ricevuti, il principe Harry prende il comando di un sparuto gruppo di ufficiali e blocca per due giorni i carri americani oramai giunti alla periferia di Londra.
Gli esponenti militari americani non credono alle notizie che giungono dalla prima linea che stringe d'assedio la capitale inglese: tutti i sistemi di puntamento delle armi montate sui mezzi corazzati, elicotteri e sui velivoli da caccia vanno misteriosamente in tilt nel raggio di 10 km da Londra.
Mentre i capi di stato maggiore al Pentagono si interrogano sul parziale stop avvenuto a Londra, sui loro tavoli giungono i rapporti degli agenti CIA e del servizio di spionaggio in Italia. L’elmo di Ade è una realtà cui la tecnologia americana non è ancora pronta ad affrontare con mezzi validi.
I londinesi credono al miracolo ma è un illusione che dura poche ore; i marines americani sono determinati e l’esito verrà deciso con un selvaggio corpo a corpo sul London bridge.
Le truppe inglesi vengono massacrate ma in riconoscenza al coraggio dimostrato, la stato maggiore concede 12 ore di tregua armata alla popolazione restituendo il corpo di Harry alla famiglia reale con l’onore delle armi.

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I reali inglesi ottengono l’esilio in Egitto, mentre i generali americani designano l'isola britannica come base operativa per la successiva l'invasione dell'Europa.

-21 Ottobre 2011/ 22 Maggio 2012
I giorni piu’ lunghi
Subito dopo il disastro inglese, le diplomazie si mettono al lavoro per ricomporre il conflitto che vede l'Occidente scagliarsi contro se stesso.
Nulla. Ogni richiesta di pace, tregua o interruzione della lotta è lasciata cadere nel vuoto da parte della giunta militare statunitense.
Come un'onda nera, le forze americane investono la Spagna, la Francia e l'Italia, sbarcando contemporaneamente sulle maggiori coste europee.
In meno di sette mesi, l'intera Europa è asservita agli stati uniti, ogni resistenza è schiacciata. A nulla vale l'eroica resistenza della Legione a Parigi, a nulla serve che la Folgore si lanci sulle campagne romane per fermare i carri Abrams diretti verso la Città Eterna.
Il sangue europeo e americano macchia il Vecchio Continente.
Uno sparuto gruppo di forze speciali europee ( italiani e tedeschi, per la maggior parte) si ritira verso Torino, braccato dall'aviazione americana.
Sanno che nella città potranno trovare merce di scambio, la tecnologia che servirà per salvare le loro vite e, una volta venduta al miglior offerente, gli darà le risorse economiche per rifarsi una vita in un paradiso tropicale.
A Torino trovano l'Elmo di Ade e, in una rocambolesca fuga, riescono a portarne tre esemplari con se.

-15 Giugno 2012
Vogliamo quell'Elmo
Appena la notizia della fuga delle forze speciali e dell'Elmo raggiunge Washington, la giunta militare non impiega molto tempo per decidere chi dovrà recuperare il prezioso apparecchio ECM, di modo che non vada nelle mani sbagliate.
L’invasione europea non ha richiesto l’impiego delle armi atomiche, ma è chiaro che l’Europa non è l’oriente, la guerriglia si è sempre dimostrata una spina nel fianco per le forze armate americane e si rende prioritario recuperare l’elmo di Ade al piu’ presto prima che venga reso noto il funzionamento o peggio ceduto a potenze esterne al raggio di influenza statunitense.

Qualora le rimaste forze speciali Europee esfiltrino in Svizzera si potrebbero aprire trattive che potrebbero mettere in concorrenza le superpotenze mondiali, lasciando la porta spalancata ad un rischio di guerra mondiale.

Edited by Maj. Ramcke - 23/3/2009, 10:45
 
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